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Repubblica Italiana

Sigla:  I
Capitale:  Roma
Popolazione:  59,7 milioni
Valuta:  Euro

I simboli della Repubblica Italiana

IL TRICOLORE
Il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta "che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti". Ma perché proprio questi tre colori? Nell'Italia del 1796, attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono quasi tutte, con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, chiaramente ispirate al modello francese del 1790. E anche i reparti militari "italiani", costituiti all'epoca per affiancare l'esercito di Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima foggia. In particolare, i vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano, appunto, i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera.
Inizialmente i tre colori erano disposti in tre strisce orizzontali e comparivano particolari destinati poi a scomparire, come il Turcasso o Faretra con quattro frecce, dipinto al centro, a simboleggiare l'unione delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi; e le lettere “R” e “C”, poste ai lati, iniziali di Repubblica Cispadana.
Nei tre decenni che seguirono il Congresso di Vienna, il vessillo tricolore fu soffocato dalla Restaurazione, ma continuò ad essere innalzato, quale emblema di libertà, nei moti del 1831, nelle rivolte mazziniane, nella disperata impresa dei fratelli Bandiera, nelle sollevazioni negli Stati della Chiesa. Dovunque in Italia, il bianco, il rosso e il verde esprimono una comune speranza, che accende gli entusiasmi e ispira i poeti e quando si dischiuse la stagione del '48 e della concessione delle Costituzioni, quella bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai nazionale, da Milano a Venezia, da Roma a Palermo. Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto rivolge alle popolazioni del Lombardo Veneto il famoso proclama che annuncia la prima guerra d'indipendenza e che termina con queste parole:"(…) per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le Nostre Truppe(…) portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana." Allo stemma dinastico fu aggiunta una bordatura di azzurro, per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso delle bande del vessillo.
Il 14 marzo 1861 venne proclamato il Regno d'Italia e la sua bandiera continuò ad essere, per consuetudine, quella della prima guerra d'indipendenza. Ma la mancanza di una apposita legge al riguardo - emanata soltanto per gli stendardi militari - portò alla realizzazione di vessilli di foggia diversa dall'originaria, spesso addirittura arbitrarie. Soltanto nel 1925 si definirono, per legge, i modelli della bandiera nazionale e della bandiera di Stato. Quest'ultima (da usarsi nelle residenze dei sovrani, nelle sedi parlamentari, negli uffici e nelle rappresentanze diplomatiche) avrebbe aggiunto allo stemma la corona reale. Dopo la nascita della Repubblica, un decreto legislativo presidenziale del 19 giugno 1946 stabilì la foggia provvisoria della nuova bandiera, confermata dall'Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita all'articolo 12 della nostra Carta Costituzionale.


L'EMBLEMA DELLA REPUBBLICA ITALIANA

A seguito della nascita della Repubblica d’Italia fu bandito un concorso per la creazione di un simbolo che la potesse rappresentare, fu così che nell’ottobre 1946 si tenne il primo concorso che prevedeva la presentazione di bozzetti in bianco e nero che contenessero la stella d’Italia e l’esclusione di simboli di partito. Dei 341 candidati, vennero scelti cinque vincitori che vennero invitati a preparare nuovi bozzetti, questa volta con un tema ben preciso: “Una cinta turrita che abbia forma di corona, circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso, la rappresentazione del mare, in alto, la stella d'Italia d'oro; infine, le parole unità e libertà”.
Il bozzetto vincente fu quello di Paolo Paschetto, ma al governo non piacque, così fu bandito un secondo concorso che prevedeva l’inserimento di riferimenti al lavoro. Anche in questo caso vinse Paolo Paschetto, il suo bozzetto fu ritoccato dalla commissione esaminatrice e posto all’attenzione dell’Assemblea Costituente, che l’approvò il 31 gennaio 1948.  Il simbolo definitivo con i colori fu legittimato dal Presidente della Repubblica De Nicola il 5 maggio 1948, da quel giorno l’Italia ebbe il suo emblema.
L’emblema raccoglie alcuni simboli da sempre legati all’Italia: la stella d’oro è stata sempre raffigurata sul capo della personificazione dell’Italia, ha rappresentato una delle prime onorificenze della Repubblica e ancora oggi indica l’appartenenza alle forze armate. Ancora presenti sull’emblema della Repubblica vi sono la ruota dentata, simbolo del lavoro (traduzione del primo articolo della Costituzione); il ramo d’ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione; la quercia rappresenta la forza e la dignità del popolo italiano e insieme all’ulivo sono due tra le specie più tipiche presenti sul nostro territorio.


LO STENDARDO PRESIDENZIALE

Uno degli altri simboli appartenenti all’Italia è quello legato al Presidente della Repubblica, lo stendardo presidenziale che costituisce, nel nostro ordinamento militare e cerimoniale, il segno distintivo della presenza del Capo dello Stato e segue perciò il Presidente della Repubblica in tutti i suoi spostamenti. Viene innalzato sulle automobili, sulle navi e sugli aeroplani che hanno a bordo il Presidente; all'esterno delle Prefetture, quando il Capo dello Stato visita una città; all'interno delle sale dove egli interviene ufficialmente.
Il primo stendardo presidenziale non era nient’altro che il tricolore italiano con la sovrapposizione, al centro, dell’emblema della repubblica. Il Presidente Saragat cambiò lo stendardo, anche perché veniva facilmente scambiato per la bandiera del Messico, adottò uno stendardo composto da un drappo blu (colore del comando) con al centro l’emblema dorato (colore del valore). Nel 1990 il Presidente Cossiga preferì uno stendardo con il tricolore italiano bordato di blu, questo durò solo due anni perché nel 1992 il Presidente Scalfaro tornò al modello di Saragat del 1965, riducendo però le dimensioni dell'emblema dorato al centro.
L’attuale presidente ha mantenuto l'emblema che introdusse il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi il 4 novembre 2000, che si rifà all’antica bandiera d’Italia del 1802-1805. Lo stendardo è, come sempre, quadrato, bordato di blu (comando delle forze armate), un quadrato rosso sovrapposto da un quadrato bianco ruotato di 45°, sovrapposto da un quadrato verde, al centro del quadrato verde vi è l’emblema della repubblica dorato.


L'INNO DI MAMELI

l'Inno nazionale fu composto dal ventenne poeta e patriota Goffredo Mameli con il titolo “Il canto degli italiani” nell’autunno del 1847 a Genova. Venne poi musicato da Michele Novaro a Torino e fu scelto da Giuseppe Verdi per rappresentare l’Italia al posto della Marcia Reale nel suo Inno delle Nazioni del 1862. Solo il 12 ottobre 1946 divenne ufficialmente l’inno nazionale della Repubblica d’Italia. Le strofe del componimento conducono spesso all’idea patriottica di libertà che caratterizzò il periodo risorgimentale, fu composto infatti poco prima della guerra contro l’Austria. Sono allo stesso modo individuabili riferimenti alla cultura classica e alla romanità che furono le basi per la nascita della cultura italiana.NK "javascript:;"



Dalla Triscele alla Trinacria: la Sicilia

Il primo nome dell'isola fu Sicania, denominazione che si riferiva ai primi abitanti. I Sicani infatti furono un'antica popolazione della Sicilia occidentale di origine ignota. Di origine indo-europea e provenienti dalla penisola italica invece furono i Siculi, insediati anticamente nella parte orientale dell'isola.
Il nome dell'isola si trova sin nei poemi Omerici: nell'Odissea è chiamata Thrinakie, che significava isola a forma di tridente, nome successivamente mutato in Trinakria, che vuol dire isola dai tre promontori (Capo Peloro a Nord-Est nei pressi di Messina, Capo Boéo o Lilibéo a Ovest nei pressi di Marsala e Capo Passero o Capo Spartivento a Sud Est). Successivamente il nome divenne Trinacria, che venne adoperato anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia, in riferimento alla particolare forma triangolare dell'isola, che successivamente venne chiamata Sicilia.
Se il termine Trinacria è legato all'isola e alla sua forma non va confuso con il suo simbolo: la Gorgona. Infatti anticamente su una moneta palermitana di età romana chiamata Triscele appariva proprio la figura della Gorgona dalle tre gambe. Secondo la motologia greca questa figura si rifirisce alle tre figlie di Forco e Ceto, mostri alati e anguieriniti che vivevano nell'Ade. Questo simbolo nei secoli divenne l'emblema della Trinacria ed oggi anche quello della Regione Autonoma della Sicilia, compare infatti sullo stemma bianco e giallo a rappresentanza della secolare storia dell'isola dai tre capi: simbolo di una identità, di un popolo e di un territorio.

 
 
 
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